Informazioni e responsabilità della banca
a cura del Dott.
Maurizio Aloise
Il dibattito sull’attività informativa
delle banche e sulla responsabilità degli istituti di credito in occasione
dello svolgimento di una tale attività, le cui dimensioni sono in <<poliedrica espansione>>[1]
sia per la qualità dei servizi che per la tipologia degli interventi, assume
oggi notevole significato in considerazione della sempre maggiore rilevanza che
al ruolo della responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale viene
attribuita[2].
La raccolta di informazioni,
infatti, pur non rientrando nello specifico oggetto dell’impresa bancaria[3],
rappresenta un inevitabile aspetto dei rapporti tra banca e clientela tanto che
ad essa la banca ricorre in maniera abbastanza cospicua[4].
Le banche, dunque, non
esercitano professionalmente attività di informazione, ma nell’ambito delle operazioni
bancarie, date le peculiarità dell’attività creditizia, la loro attività
informativa, ancorchè limitatamente alla fase della raccolta di informazioni
economiche ed a prescindere dall’ulteriore fase divulgativa[5],
si esplica in funzione della necessità di acquisire e mantenere un quadro
alquanto preciso e dettagliato dei soggetti destinati a divenire controparti
contrattuali o comunque ad avere rapporti di affari con esse[6].
Non v’è dubbio, infatti, che
la raccolta di dati ed informazioni economiche, relativi alla propria
clientela, formata sia da consumatori che da imprenditori, costituisce una
forma di attività funzionale al compito professionale che caratterizza
l’impresa bancaria, ove si consideri che tale attività può fondatamente
ritenersi congeniale, se non indispensabile, allo sviluppo del ruolo degli enti
creditizi nell’attuale economia concorrendo alla migliore realizzazione degli
investimenti[7].
Basti pensare alle sempre
crescenti preoccupazioni legate alla problematica dibattuta sia in giurisprudenza
che in dottrina, relativa alla diffusione di prospetti informativi[8],
su cui ci si soffermerà in uno dei paragrafi successivi[9],
sul collocamento di titoli redatti o esposti al pubblico dalle banche con la
funzione di offrire la clientela l’acquisto di valori mobiliari ingenerando
l’affidamento nei destinatari delle informazioni sulla genuinità delle notizie
fornite per indurli a concludere contratti di acquisto dei titoli[10].
Tuttavia, come è stato
notato[11]
non esiste uno standard né un quadro
unitario in ordine alla tipologia ed alla natura delle informazioni raccolte e
trasmesse dagli istituti bancari posto che già nel momento della raccolta
l’entità e la qualità dei dati da acquisire varierà in funzione del soggetto
negoziale in rapporto con la banca, nonché in funzione della natura dell’affare
essendo evidente che le banche acquisiscono maggiori e più dettagliate
informazioni nel caso in cui la banca rivestono il ruolo di soggetto attivo
ovvero in tutte le ipotesi in cui si tratta di concedere linee di credito[12].
L’attività informativa della
banca si svolge attraverso due momenti distinti da diverse problematiche,
quello della raccolta delle informazioni (in ordine al quale si pone più che il
problema dell’illecito da informazioni inesatte quello della responsabilità
connessa al difetto del consenso richiesto dalla nuova legge sulla privacy) e
quello della divulgazione al quale sono legate le conseguenze in tema di
responsabilità qualora oggetto della diffusione siano dati inesatti o falsi[13].
Una panoramica sull’attività
di divulgazione, che rappresenta il momento della responsabilità della banca,
legata alla liceità ed alla completezza delle informazioni, mostra come in
realtà l’eterogeneità delle informazioni diffuse non consente una soluzione
unitaria ed assoluta del problema della responsabilità per false informazioni,
ma al contrario suggerisce una soluzione diversificata “in relazione alla diversa posizione giuridica dei soggetti
interessati”.[14]
L’attività informativa della
banca che attraverso i due momenti individuati sembra delinearsi come una fattispecie a <<formazione progressiva>>[15],
si sostanzia con una serie abbastanza stratificata di modalità di acquisizione
mediante acquisizione della documentazione ottenuta dal cliente, informazioni
assunte da agenzie specializzate, da fornitori, da altre banche, da raccolte di
dati computerizzate o meno (cc.dd. banche dati), visure camerali o catastali,
ed infine, valutazioni che vengono operate da personale della banca che ha
frequentazione con il cliente.[16]
Relativamente al momento
della divulgazione, un primo problema di ordine generale che si pone, riguarda
la violazione del c.d. segreto bancario vale a dire dell’obbligo gravante in
via generale sull’istituto di credito di non divulgare o comunque trasmettere a terzi notizie
concernenti la situazione economico-patrimoniale dei clienti di cui la banca
sia venuta in possesso in occasione dell’attività esercitata.
A prescindere dalla
problematica relativa al fondamento giuridico di tale obbligo[17],
i problemi attinenti alla responsabilità della banca per la violazione
dell’obbligo del segreto bancario, che si pongono all’interprete, riguardano in
primo luogo la necessità di stabilire preliminarmente se ed in quali limiti la
banca sia legittimata a diffondere notizie coperte da segreto[18].
Dottrina e giurisprudenza
sono concordi nell’affermare che esula dall’ambito di estensione e di rilevanza
dell’obbligo de quo l’attività di
comunicazione interbancarie relative all’esistenza della provvista a copertura
di assegni ammettendo quindi la liceità della stessa.
Ciò in quanto, da un lato,
si ritiene prevalente l’interesse di ordine generale a che la banca cui
l’assegno viene presentato per l’incasso sia posta in grado di provvedere al
pagamento avvalendosi di notizie esatte sull’esistenza dei fondi di copertura
dell’assegno, dall’altro, poiché la sussistenza della provvista è suscettibile
di esser rivelata ai terzi per il solo fatto dell’emissione.
Una delle ipotesi
maggiormente ricorrente in cui vengono in considerazione le problematiche
evidenziate sono i cc.dd. benefondi, che implicano una responsabilità della
banca trattaria ove questa banca fornisca alla banca richiedente notizie non
rispondenti alla situazione esistente al momento della richiesta[19].
In ogni caso deve rilevarsi
che nonostante il <<ruolo
dell’informante>>[20]
sia dalle banche assunto con grande frequenza (non tanto per una loro
spiccata predisposizione in tal senso, ma perché numerosi sono i soggetti che
ad esse si rivolgono con la conseguente possibilità della banca di venire a
conoscenza dei dati in loro possesso), lo sfavore delle banche verso aperte
forme di diffusione di informazioni economiche nasce proprio dalla
preoccupazione di rivelare, sia pure in maniera incidentale, dati coperto da
segreto[21].
Ritornando, comunque, ai
vari tipi di informazioni che possono essere fornite dalla banca, ed alla
responsabilità di quest’ultima in caso di loro erroneità o falsità, si possono
individuare due grandi gruppi di notizie: quelle che contengono una mera enunciazione
di fatti storici a conoscenza della banca che ben possono collocarsi nel novero
delle dichiarazioni di scienza; quelle che esprimono invece una valutazione o
un giudizio sul soggetto passivo dell’informazione spesso orientate a garantire
la sua solvibilità ovvero ad incidere sulla determinazione negoziale in ordine
a determinate operazioni finanziarie.
In ordine al primo gruppo
occorre ulteriormente distinguere le ipotesi in cui le informazioni sono fatti
noti solo alla banca per i suoi particolari rapporti con il cliente ed ipotesi
in cui esse cadono su fatti neutri perché il richiedente ha la possibilità di
ricavarli autonomamente altrove (si pensi al differente regime delle
informazioni relative alla comunicazione di benefondi ovvero alla composizione
del c.d.a. di una società oppure alla circostanza se tale società sia o meno
proprietaria di immobili e se queste siano pignorati).
I concetti di danno e di
responsabilità da informazioni economiche o patrimoniali difettose, erronee,
inesatte, connesse all’attività informativa incidentalmente svolta dalla banca
assumono connotazioni particolari in considerazione della posizione di soggetto
particolarmente qualificato rivestita dall’istituto bancario che, come si è
detto, pur svolgendo attività relativa a beni o servizi di natura non
informativa, operano in settori nei quali, peraltro, l’informazione si presenta
come elemento accessorio integrativo di fondamentale importanza[22].
Sotto questo aspetto viene,
innanzitutto in considerazione quella parte rilevante dell’attività bancaria
collegata all’emissione ed alla negoziazione di assegni o altri titoli di
credito ed ai relativi obblighi, melius,
attività di informazione che vi sono connessi[23].
In ordine alle suddette
attività occorre preliminarmente rilevare che, secondo l’orientamento
predominate tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, la banca trattaria,
alla quale vengano richieste notizie sulla esistenza di fondi copertura di
assegni bancari emessi da un cliente sia libera di fornire o meno tali
informazioni.
Pur essendo insito, infatti,
nei contratti bancari un elemento di servizio in connessione con la natura di
pubblico interesse delle funzioni bancarie è opinione prevalente[24]
che la banca in base alla convenzione di assegno non sia tenuta a favorire la
circolazione del titolo di credito ed a soddisfare le richieste di informazioni
circa l’esistenza di fondi sufficienti a coprire l’importo dell’ordine di
pagamento, sia che il richiedente sia un soggetto privato che un altro istituto
bancario.
Si ritiene, peraltro, che
qualora la banca trattaria accetti di rispondere aderendo alla richiesta
avanzata dal terzo, essa assume l’obbligo di fornire informazioni esatte ovvero
di dare notizie veritiere circa la reale situazione del correntista con la conseguenza
che le informazioni circa l’esistenza di fondi non possono che essere veritiere
e corrispondere alla situazione del conto al momento della richiesta[25].
Di conseguenza grava sulla banca
la responsabilità per i danni cagionati al richiedente dalla inesattezza o
addirittura dalla falsità delle informazioni fornite posto che dovrà essere
riconosciuto al richiedente un diritto al risarcimento del danno sofferto per
aver fatto, senza colpa, affidamento sulle informazioni ricavate sulla base del
c.d. benestare fondi fornito dalla banca trattaria accettando la negoziazione
di un assegno bancario.
Circa il titolo di tale
responsabilità la giurisprudenza[26]
in coerenza con le posizione espresse in ordine al generale problema della
responsabilità da illecito derivante da informazioni economiche ha affermato
che si tratta senza dubbio di responsabilità aquiliana ex art.2043 c.c.
In tema di benestare
bancario telefonico, ha affermato la giurisprudenza, essendo la banca
trattaria, ove fornisca
informazioni non veritiere circa l'esistenza di fondi per il pagamento
di assegni di conto corrente,
tenuta al risarcimento dei danni nei
confronti della banca richiedente secondo i principi sul fatto
illecito (art. 2043, 2049 c. c.), tali principi, trattandosi di attività
strettamente privatistica, sono
applicabili anche se la banca trattaria
è un ente pubblico (cassa
di risparmio)[27].
Sempre in giurisprudenza, è
stato affermato che l'uso interbancario
di richiedere e dare, per telefono o altrimenti, conferma dell'esistenza di
provvista per il pagamento di assegni di conto
corrente (c.d. benefondi)
implica che la banca trattaria, la quale
dia alla richiedente notizie non rispondenti alla
situazione in atto al
momento della richiesta,
è verso quest'ultima responsabile dei danni che alla medesima possono derivare per il pagamento
o accreditamento al presentatore
dell'assegno sul non veritiero presupposto della sua copertura[28].
Il benestare fondi, ormai
largamente usato non solo nei rapporti interbancari, ma anche nei rapporti che
la banca intrattiene con altri soggetti finanziari, pone all’interprete
numerosi interrogativi in ordine all’esatta individuazione della sua natura
giuridica.
La dottrina ha sottolineato
che alle informazioni in discorso non può che essere riconosciuto un valore di
dichiarazioni di scienza non integrando i presupposti delle dichiarazioni di
volontà, posto che con esse la banca informante si limita a portare a
conoscenza del richiedente una situazione ad essa già nota senza effettuare
alcune determinazione[29].
Le informazioni trasmesse, infatti, consistono nell’attestazione di una
situazione per l’accertamento della quale la banca non è chiamata a svolgere
alcun tipo di attività acquisizione successiva dei dati che concorrono a
determinarla essendo tali dati già palesi per la banca trattaria e dovendosi
dunque questa limitare a fotografare la situazione esistente e trasmetterla al
richiedente.
Sul piano dogmatico, la
responsabilità in tali ipotesi si fonda sul già richiamato principio
dell’affidamento sul buon fine dell’assegno che la banca trattaria genera in
capo al destinatario dell’informazione con la conseguente responsabilità della
prima nel caso in cui le notizie siano difformi dalla situazione realmente
esistente[30].
Il primo problema da
affrontare, tuttavia, riguarda, come si è detto, la natura giuridica del c.d.
benestare, dovendosi escludere la possibilità di identificarlo con un mandato
extracartolare alla banca negoziatrice di pagare il titolo[31]
poiché, come è stato sottolineato, esso si concretizza in una dichiarazione di
scienza e non di volontà[32].
Parimenti da escludere è
l’effetto di blocco sui fondi di copertura dell’assegno richiesto per il
pagamento, come effetto normale del benestare posto che non sempre la banca
trattaria, assume l’obbligo di mantenere fermi i fondi e quando lo fa ciò
deriva non tanto dai normali effetti del benestare, bensì in forza di un
eventuale e distinto rapporto contrattuale. Legittimamente, ad esempio, la
banca trattaria, che ha
concesso benestare telefonico confermando
l'esistenza di provvista
a copertura di assegni
presentatigli a mezzo
stanza di compensazione e contestualmente obbligandosi a bloccare le
relative somme (c.d. benefondi con
blocco), considera tali
somme indisponibili dal traente, e, benché non
abbia ancora pagato gli assegni
suddetti, lascia protestare altro
assegno emesso in epoca successiva a quelli[33].
In realtà al benefondi non
può che essere riconosciuta la natura di un semplice <<benestare informativo>> sulla cui base, quando la
banca fornisce informazioni sull’esistenza di fondi affermandoli sufficienti per
il pagamento di una somma richiesta, si innesta la responsabilità
extracontrattuale della banca trattaria verso il richiedente che facendo
affidamento sulle informazioni risultate non veritiere abbia subito pregiudizio
risarcibile ex art.2043 c.c.
La giurisprudenza ha anche
affermato che il benefondi integra una
informazione interna che la banca trattaria trasmette all'azienda di credito
richiedente e che non presenta alcun carattere
definitivo, sicché l'accreditamento sul conto del beneficiario dell'importo recato dall'assegno bancario
<benefondato> deve
considerarsi pur sempre
effettuato con riserve di verifica e salvo buon fine[34].
È chiaro, dunque, che
l’individuazione di una forma di responsabilità del genere ipotizzato deve
fondarsi sulla relativa dimostrazione della sussistenza della colpa della banca
in ordine alla quale troverà applicazione l’art.2049 c.c. nel regolare il
titolo di responsabilità per fatto degli ausiliari. Ed inoltre, trattandosi di
illecito aquiliano, la responsabilità non potrà essere affermata fin quando
non si dimostri l'erroneità del benefondi informativo nel duplice senso
riferito, da una parte, all’errata comunicazione circa l’esistenza di fondi poi
rivelatasi insussistenti o comunque insufficienti nel qual caso la banca
trattaria sarà responsabile per i danni sofferti dalla banca che ha negoziato
il titolo; dall’altra, all’ipotesi opposta della errata comunicazione della
mancanza di fondi in realtà sussistenti nel qual caso la banca sarà
responsabile per il mancato pagamento dell'assegno[35].
Si è detto che tra principi
della responsabilità aquiliana che trovano applicazione nell’ambito che ci
interessa va menzionato anche l’art.2049 c.c. in tema di responsabilità dei
padroni e dei committenti posto che la banca trattaria risponde dei danni
causati alla azienda di credito
negoziatrice da una
erronea comunicazione telefonica
di benefondi fornita da un proprio
dipendente che abbia agito dolosamente[36].
Non vale ad escludere la
responsabilità della banca trattaria il rilievo che la banca stessa con il
benestare abbia erroneamente confermato la sussistenza di fondi, ma non anche i
poteri di pagamento dell’assegno posto che in ogni caso la responsabilità
discende da una falsa interpretazione dei principi che regolano i rapporti tra
portatore dell'assegno e banca. Come si è detto, la banca interpellata può non
dare informazioni, ma se le dà deve darle esatte creando altrimenti un
affidamento nel terzo fonte di responsabilità per la banca stessa.
Ciò anche se, come è stato
affermato in giurisprudenza, in
tema di emissione di assegno a
vuoto, è obbligo del traente quello di accertarsi dell'esistenza della provvista, prima dell'emissione di qualsiasi assegno non valendo ad escludere tale obbligo il rilascio di
<benefondi> essendo quest'ultimo
collegato ad un accertamento informale
della banca, attraverso il quale
viene garantita
esclusivamente l'esistenza, presso altra
banca o altra
sede o filiale della medesima
banca, della provvista corrispondente ai titoli girati,
e non riguarda quindi l'accertamento relativo
alla data in cui il girante potrà disporre della relativa provvista presso la propria
banca, girataria del titolo[37].
Sulla causalità del danno
derivato da informazioni errate fornite dalla banca trattaria la giurisprudenza
ha affermato che la comunicazione di
un benefondi poi rivelatosi errato espone la banca trattaria
all'obbligo del risarcimento del danno subito dalla banca negoziatrice che abbia cambiato
per cassa al presentatore
l'assegno <benefondato>, ponendosi
il rilascio del benefondi come
causa adeguata ed efficiente di tale danno: è da presumere
infatti, secondo ogni verosimiglianza, che se l'indicazione
sull'esistenza della provvista fosse
stata negativa o
anche solo dubitativa, l'anticipo non sarebbe stato
effettuato[38].
Non sarà invece responsabile
dell'affidamento ingenerato nel prenditore
con un'informazione difforme
dal vero la banca
trattaria che conferma
al prenditore di un assegno
l'esistenza di una
provvista nel conto corrente intrattenuto con
l'emittente del titolo,
ignorando che questi nel frattempo è stato dichiarato fallito ed ha perso di conseguenza la
disponibilità delle somme depositate;
ciò in quanto la dichiarazione di
fallimento per legge è opponibile a tutti e dunque anche al
possessore dell'assegno che
con l'ordinaria diligenza avrebbe potuto evitare il danno[39].
Non v’è dubbio, afferma la stessa Corte che l'inefficacia dell'ordine di pagamento
espresso con assegno bancario, discendente dalla posteriorità della sua emissione rispetto alla dichiarazione del
fallimento dell'emittente, il che implica, in
caso di pagamento
dell'assegno medesimo da parte della banca trattaria in
favore del prenditore, il carattere indebito di tale
pagamento, ed altresì la legittimazione all'azione di ripetizione
non dell'emittente ma
della banca medesima,
in proprio (quindi
all'infuori delle disposizioni di cui
all'art. 1271 c. c. in tema di eccezioni
opponibili dal delegato),
e nei limiti dell'effettiva entità
dell'esborso subito (nella
specie, ridotto da transazione
intervenuta fra la
banca e la curatela per una restituzione solo
parziale della provvista costituita dal
fallito sul conto corrente)[40].
|
[1] MONTECCHIARI, La responsabilità civile della banca per false informazioni da prospetto, in Vita Notarile, 1994, 946 ss.
[2] MONTECCHIARI, La responsabilità civile della banca per false informazioni da prospetto, in Vita Notarile, 1994, 946 ss.; FERRARINI, La responsabilità da prospetto, cit., p.35; MIRABILE, Responsabilità aquiliana della banca per divulgazione di false o errate informazioni, in Banca Borsa, 1990, I, 401. Sul tema generale della responsabilità della banca, GARRANI, La fiducia base psicologica del credito. Lineamenti teorici del modus operandi del banchiere, in Saggi e note di economia e tecnica bancaria, Milano 1964 p.164; MOLLE, La banca nell’ordinamento giuridico italiano, Milano, 1980, p.162-164; ALPA-BESSONE, La responsabilità civile della banca, in Rassegna Bigiavi, Vol.IV, p.83 ss.
[3] MIRABILE, op. cit., p.403.
[4] MONTECCHIARI, op. cit., p.947.
[5] MIRABILE, op. cit., p.403.
[6] ALPA, La responsabilità civile della banca, in Corr. Giur., 1987, p.1300.
[7] GERACI, Lineamenti della responsabilità della banca per errore o inesatte informazioni, in AA.VV., Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale delle banche, Milano, 1986, p.191.
[8] MONTECCHIARI, op. cit., pp.946-947, che nota come in realtà fra le numerose modalità dell’intermediazione finanziaria, svolta dalle banche quella attinente alla divulgazione di notizie ed informazioni nel particolare campo degli investimenti finanziari costituisce quella di maggiore rilievo.
[9] V. infra,
par.6.
[10] Cfr. FERRARINI, op. cit., p.78; BALZARINI, La responsabilità da prospetto, in Resp. Civ. prev., 1991, 1221; BONSIGNORE, Prospetto informativo infedele e responsabilità della banca intermediaria, in Dir. banca., 1992, I, 94. CARNEVALI, In tema di responsabilità da prospetto delle banche, in Corr. Giur., 1989, 1003; ALPA, op. cit. p.130.
[11] MIRABILE, op. cit., p.404.
[12] MIRABILE, op. cit., il quale rileva come nella vecchia disciplina bancaria le banche per espressa previsione di legge non potevano concedere fidi senza che gli stessi richiedenti avessero fornito notizie sulle loro condizioni economico patrimoniali ex art.35, comma 2, lett. c), l.b.
[13] BALZARINI, op. cit., p.1223.
[14] MONTECCHIARI, op. cit., p.948.
[15] MIRABILE, op. cit., p.401.
[16] ALAGNA, Le informazioni sulla clientela tra dovere di riservatezza ed interesse alla conoscenza delle notizie economiche, in Funzione bancaria. Rischio e responsabilità della banca, Milano, 1981, p.301 ss.
[17] ALPA-BESSONE, La responsabilità civile della banca, cit., p.91.
[18] MAGANZA, La responsabilità civile della banca, in Responsabilità civile, a cura di Alpa-Bessone, Vol.IV, Torino, 1987, p.91 ss.
[19] Trib. Latina 28 aprile 1980, in Banca Borsa, 1985, II, 107.
[20] MIRABILE, op. cit., p.404.
[21] ALPA-BESSONE, La responsabilità civile della banca, cit. p.90.
[22] ROPPO, op. cit., p.897.
[23] ROPPO, op. cit. p.896.
[24] Cfr. MIRABILE, op. cit., p.404; GERACI, op. cit., p.190.
[25] ALPA-BESSONE, La responsabilità civile della banca, cit., p.89; in giurisprudenza, Trib. Latina 28 aprile 1980, in Banca Borsa, 1985, II, 107.
[26] Cass., 4 maggio 1982, n.2765, in Giur. It., 1983, I, 1, 876; App. Milano, 14 marzo 1983, in Banca Borsa, 1986, II, 627.
[27] Trib. Latina, 28 aprile 1980, cit.; in dottrina, ALPA-BESSONE, Atipicità dell’illecito, Giuffrè, Milano, 1995; RAO-TORRES, La responsabilità per falsa informazione nei rapporti tra banche, in Resp. Civ., 1980, 309.
[28] Trib. Milano, 7 febbraio 1985, in Foro Pad. , 1985, I, 416; in dottrina MARZONA, Banca pubblica e responsabilità civile, in Banca Borsa, 1985, II, 107.
[29] GALGANO, Civile e penale nella responsabilità del banchiere, in Contr. impr., 1987, p.15.
[30] ALPA-BESSONE, Atipicità dell’illecito, Giuffrè, Milano, 1995
[31] GALGANO, op. cit., p.18.
[32] GALGANO, op. cit., p.15.
[33] App. Roma, 18 aprile 1984, in Foro It., 1985, I, 1783; in dottrina, NICCOLINI G., A proposito di benefondi di assegno bancario (in margine ad una recente sentenza), in Foro It. , 1985, I, 1783; CASAMASSIMA, Il benefondi o <benestare> telefonico nella prassi bancaria, in Risparmio, 1985, 383.
[34] Trib. Milano, 18 novembre 1985, in Banca Borsa, 1987, II, 240.
[35] Trib. Ascoli Piceno, 25 maggio 1985, in Foro It., 1986, I, 3162.
[36] App. Milano, 28 dicembre 1984, in Banca Borsa, 1986, II, 185.
[37] Cass. pen., 30 giugno 1989, in Riv. Pen. , 1990, 798.
[38] Trib. Milano, 12 maggio 1988m, in Banca Borsa, 1990, II, 544.
[39] Cass. civ., sez. I, 1 agosto 1992, n. 9167, in Giur. It., 1993, I, 1, 1268.
[40] Cass. civ. , sez. I, 1 agosto 1992, n. 9167. Cit.