Informazioni e responsabilità della banca

a cura del Dott.  Maurizio Aloise

 

Il dibattito sull’attività informativa delle banche e sulla responsabilità degli istituti di credito in occasione dello svolgimento di una tale attività, le cui dimensioni sono in <<poliedrica espansione>>[1] sia per la qualità dei servizi che per la tipologia degli interventi, assume oggi notevole significato in considerazione della sempre maggiore rilevanza che al ruolo della responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale viene attribuita[2].

La raccolta di informazioni, infatti, pur non rientrando nello specifico oggetto dell’impresa bancaria[3], rappresenta un inevitabile aspetto dei rapporti tra banca e clientela tanto che ad essa la banca ricorre in maniera abbastanza cospicua[4].

Le banche, dunque, non esercitano professionalmente attività di informazione, ma nell’ambito delle operazioni bancarie, date le peculiarità dell’attività creditizia, la loro attività informativa, ancorchè limitatamente alla fase della raccolta di informazioni economiche ed a prescindere dall’ulteriore fase divulgativa[5], si esplica in funzione della necessità di acquisire e mantenere un quadro alquanto preciso e dettagliato dei soggetti destinati a divenire controparti contrattuali o comunque ad avere rapporti di affari con esse[6].

Non v’è dubbio, infatti, che la raccolta di dati ed informazioni economiche, relativi alla propria clientela, formata sia da consumatori che da imprenditori, costituisce una forma di attività funzionale al compito professionale che caratterizza l’impresa bancaria, ove si consideri che tale attività può fondatamente ritenersi congeniale, se non indispensabile, allo sviluppo del ruolo degli enti creditizi nell’attuale economia concorrendo alla migliore realizzazione degli investimenti[7].

Basti pensare alle sempre crescenti preoccupazioni legate alla problematica dibattuta sia in giurisprudenza che in dottrina, relativa alla diffusione di prospetti informativi[8], su cui ci si soffermerà in uno dei paragrafi successivi[9], sul collocamento di titoli redatti o esposti al pubblico dalle banche con la funzione di offrire la clientela l’acquisto di valori mobiliari ingenerando l’affidamento nei destinatari delle informazioni sulla genuinità delle notizie fornite per indurli a concludere contratti di acquisto dei titoli[10].

Tuttavia, come è stato notato[11] non esiste uno standard né un quadro unitario in ordine alla tipologia ed alla natura delle informazioni raccolte e trasmesse dagli istituti bancari posto che già nel momento della raccolta l’entità e la qualità dei dati da acquisire varierà in funzione del soggetto negoziale in rapporto con la banca, nonché in funzione della natura dell’affare essendo evidente che le banche acquisiscono maggiori e più dettagliate informazioni nel caso in cui la banca rivestono il ruolo di soggetto attivo ovvero in tutte le ipotesi in cui si tratta di concedere linee di credito[12].

L’attività informativa della banca si svolge attraverso due momenti distinti da diverse problematiche, quello della raccolta delle informazioni (in ordine al quale si pone più che il problema dell’illecito da informazioni inesatte quello della responsabilità connessa al difetto del consenso richiesto dalla nuova legge sulla privacy) e quello della divulgazione al quale sono legate le conseguenze in tema di responsabilità qualora oggetto della diffusione siano dati inesatti o falsi[13].

Una panoramica sull’attività di divulgazione, che rappresenta il momento della responsabilità della banca, legata alla liceità ed alla completezza delle informazioni, mostra come in realtà l’eterogeneità delle informazioni diffuse non consente una soluzione unitaria ed assoluta del problema della responsabilità per false informazioni, ma al contrario suggerisce una soluzione diversificata “in relazione alla diversa posizione giuridica dei soggetti interessati”.[14]

L’attività informativa della banca che attraverso i due momenti individuati sembra delinearsi come una fattispecie a <<formazione progressiva>>[15], si sostanzia con una serie abbastanza stratificata di modalità di acquisizione mediante acquisizione della documentazione ottenuta dal cliente, informazioni assunte da agenzie specializzate, da fornitori, da altre banche, da raccolte di dati computerizzate o meno (cc.dd. banche dati), visure camerali o catastali, ed infine, valutazioni che vengono operate da personale della banca che ha frequentazione con il cliente.[16]

Relativamente al momento della divulgazione, un primo problema di ordine generale che si pone, riguarda la violazione del c.d. segreto bancario vale a dire dell’obbligo gravante in via generale sull’istituto di credito di non divulgare  o comunque trasmettere a terzi notizie concernenti la situazione economico-patrimoniale dei clienti di cui la banca sia venuta in possesso in occasione dell’attività esercitata.

A prescindere dalla problematica relativa al fondamento giuridico di tale obbligo[17], i problemi attinenti alla responsabilità della banca per la violazione dell’obbligo del segreto bancario, che si pongono all’interprete, riguardano in primo luogo la necessità di stabilire preliminarmente se ed in quali limiti la banca sia legittimata a diffondere notizie coperte da segreto[18].

Dottrina e giurisprudenza sono concordi nell’affermare che esula dall’ambito di estensione e di rilevanza dell’obbligo de quo l’attività di comunicazione interbancarie relative all’esistenza della provvista a copertura di assegni ammettendo quindi la liceità della stessa.

Ciò in quanto, da un lato, si ritiene prevalente l’interesse di ordine generale a che la banca cui l’assegno viene presentato per l’incasso sia posta in grado di provvedere al pagamento avvalendosi di notizie esatte sull’esistenza dei fondi di copertura dell’assegno, dall’altro, poiché la sussistenza della provvista è suscettibile di esser rivelata ai terzi per il solo fatto dell’emissione.

Una delle ipotesi maggiormente ricorrente in cui vengono in considerazione le problematiche evidenziate sono i cc.dd. benefondi, che implicano una responsabilità della banca trattaria ove questa banca fornisca alla banca richiedente notizie non rispondenti alla situazione esistente al momento della richiesta[19].

In ogni caso deve rilevarsi che nonostante il <<ruolo dell’informante>>[20] sia dalle banche assunto con grande frequenza (non tanto per una loro spiccata predisposizione in tal senso, ma perché numerosi sono i soggetti che ad esse si rivolgono con la conseguente possibilità della banca di venire a conoscenza dei dati in loro possesso), lo sfavore delle banche verso aperte forme di diffusione di informazioni economiche nasce proprio dalla preoccupazione di rivelare, sia pure in maniera incidentale, dati coperto da segreto[21]. 

Ritornando, comunque, ai vari tipi di informazioni che possono essere fornite dalla banca, ed alla responsabilità di quest’ultima in caso di loro erroneità o falsità, si possono individuare due grandi gruppi di notizie: quelle che contengono una mera enunciazione di fatti storici a conoscenza della banca che ben possono collocarsi nel novero delle dichiarazioni di scienza; quelle che esprimono invece una valutazione o un giudizio sul soggetto passivo dell’informazione spesso orientate a garantire la sua solvibilità ovvero ad incidere sulla determinazione negoziale in ordine a determinate operazioni finanziarie.

In ordine al primo gruppo occorre ulteriormente distinguere le ipotesi in cui le informazioni sono fatti noti solo alla banca per i suoi particolari rapporti con il cliente ed ipotesi in cui esse cadono su fatti neutri perché il richiedente ha la possibilità di ricavarli autonomamente altrove (si pensi al differente regime delle informazioni relative alla comunicazione di benefondi ovvero alla composizione del c.d.a. di una società oppure alla circostanza se tale società sia o meno proprietaria di immobili e se queste siano pignorati).

I concetti di danno e di responsabilità da informazioni economiche o patrimoniali difettose, erronee, inesatte, connesse all’attività informativa incidentalmente svolta dalla banca assumono connotazioni particolari in considerazione della posizione di soggetto particolarmente qualificato rivestita dall’istituto bancario che, come si è detto, pur svolgendo attività relativa a beni o servizi di natura non informativa, operano in settori nei quali, peraltro, l’informazione si presenta come elemento accessorio integrativo di fondamentale importanza[22].

Sotto questo aspetto viene, innanzitutto in considerazione quella parte rilevante dell’attività bancaria collegata all’emissione ed alla negoziazione di assegni o altri titoli di credito ed ai relativi obblighi, melius, attività di informazione che vi sono connessi[23].

In ordine alle suddette attività occorre preliminarmente rilevare che, secondo l’orientamento predominate tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, la banca trattaria, alla quale vengano richieste notizie sulla esistenza di fondi copertura di assegni bancari emessi da un cliente sia libera di fornire o meno tali informazioni.

Pur essendo insito, infatti, nei contratti bancari un elemento di servizio in connessione con la natura di pubblico interesse delle funzioni bancarie è opinione prevalente[24] che la banca in base alla convenzione di assegno non sia tenuta a favorire la circolazione del titolo di credito ed a soddisfare le richieste di informazioni circa l’esistenza di fondi sufficienti a coprire l’importo dell’ordine di pagamento, sia che il richiedente sia un soggetto privato che un altro istituto bancario.

Si ritiene, peraltro, che qualora la banca trattaria accetti di rispondere aderendo alla richiesta avanzata dal terzo, essa assume l’obbligo di fornire informazioni esatte ovvero di dare notizie veritiere circa la reale situazione del correntista con la conseguenza che le informazioni circa l’esistenza di fondi non possono che essere veritiere e corrispondere alla situazione del conto al momento della richiesta[25].

Di conseguenza grava sulla banca la responsabilità per i danni cagionati al richiedente dalla inesattezza o addirittura dalla falsità delle informazioni fornite posto che dovrà essere riconosciuto al richiedente un diritto al risarcimento del danno sofferto per aver fatto, senza colpa, affidamento sulle informazioni ricavate sulla base del c.d. benestare fondi fornito dalla banca trattaria accettando la negoziazione di un assegno bancario.

Circa il titolo di tale responsabilità la giurisprudenza[26] in coerenza con le posizione espresse in ordine al generale problema della responsabilità da illecito derivante da informazioni economiche ha affermato che si tratta senza dubbio di responsabilità aquiliana ex art.2043 c.c.

In tema di benestare bancario telefonico, ha affermato la giurisprudenza, essendo la banca trattaria, ove fornisca  informazioni  non  veritiere circa l'esistenza di fondi per il  pagamento  di assegni di conto corrente,  tenuta al risarcimento dei  danni  nei  confronti della banca richiedente secondo i principi sul  fatto  illecito (art. 2043, 2049 c. c.), tali principi, trattandosi di attività strettamente  privatistica, sono applicabili anche se la   banca  trattaria  è  un  ente  pubblico  (cassa  di  risparmio)[27].

Sempre in giurisprudenza, è stato affermato che l'uso  interbancario di richiedere e dare, per telefono o altrimenti, conferma dell'esistenza di provvista per il pagamento di assegni di conto  corrente  (c.d. benefondi) implica che la banca trattaria, la quale  dia  alla  richiedente notizie non rispondenti alla situazione in   atto   al   momento   della   richiesta,  è  verso  quest'ultima responsabile dei danni che  alla medesima possono derivare per il pagamento o accreditamento al  presentatore dell'assegno sul non veritiero presupposto della  sua copertura[28].

Il benestare fondi, ormai largamente usato non solo nei rapporti interbancari, ma anche nei rapporti che la banca intrattiene con altri soggetti finanziari, pone all’interprete numerosi interrogativi in ordine all’esatta individuazione della sua natura giuridica.

La dottrina ha sottolineato che alle informazioni in discorso non può che essere riconosciuto un valore di dichiarazioni di scienza non integrando i presupposti delle dichiarazioni di volontà, posto che con esse la banca informante si limita a portare a conoscenza del richiedente una situazione ad essa già nota senza effettuare alcune determinazione[29]. Le informazioni trasmesse, infatti, consistono nell’attestazione di una situazione per l’accertamento della quale la banca non è chiamata a svolgere alcun tipo di attività acquisizione successiva dei dati che concorrono a determinarla essendo tali dati già palesi per la banca trattaria e dovendosi dunque questa limitare a fotografare la situazione esistente e trasmetterla al richiedente.

Sul piano dogmatico, la responsabilità in tali ipotesi si fonda sul già richiamato principio dell’affidamento sul buon fine dell’assegno che la banca trattaria genera in capo al destinatario dell’informazione con la conseguente responsabilità della prima nel caso in cui le notizie siano difformi dalla situazione realmente esistente[30].

Il primo problema da affrontare, tuttavia, riguarda, come si è detto, la natura giuridica del c.d. benestare, dovendosi escludere la possibilità di identificarlo con un mandato extracartolare alla banca negoziatrice di pagare il titolo[31] poiché, come è stato sottolineato, esso si concretizza in una dichiarazione di scienza e non di volontà[32].

Parimenti da escludere è l’effetto di blocco sui fondi di copertura dell’assegno richiesto per il pagamento, come effetto normale del benestare posto che non sempre la banca trattaria, assume l’obbligo di mantenere fermi i fondi e quando lo fa ciò deriva non tanto dai normali effetti del benestare, bensì in forza di un eventuale e distinto rapporto contrattuale. Legittimamente, ad esempio, la banca trattaria,  che  ha  concesso  benestare telefonico  confermando  l'esistenza  di  provvista  a  copertura  di assegni   presentatigli   a   mezzo   stanza   di   compensazione e contestualmente  obbligandosi  a  bloccare  le  relative  somme (c.d. benefondi   con  blocco),  considera  tali  somme  indisponibili  dal traente,  e,  benché  non  abbia  ancora pagato gli assegni suddetti, lascia  protestare altro assegno emesso in epoca successiva a quelli[33].

In realtà al benefondi non può che essere riconosciuta la natura di un semplice <<benestare informativo>> sulla cui base, quando la banca fornisce informazioni sull’esistenza di fondi affermandoli sufficienti per il pagamento di una somma richiesta, si innesta la responsabilità extracontrattuale della banca trattaria verso il richiedente che facendo affidamento sulle informazioni risultate non veritiere abbia subito pregiudizio risarcibile ex art.2043 c.c.

La giurisprudenza ha anche affermato che il  benefondi integra una informazione interna che la banca trattaria trasmette  all'azienda  di  credito  richiedente  e  che non presenta alcun  carattere  definitivo,  sicché  l'accreditamento sul conto del beneficiario  dell'importo recato dall'assegno bancario <benefondato> deve  considerarsi  pur  sempre  effettuato con riserve di verifica e salvo buon fine[34].

È chiaro, dunque, che l’individuazione di una forma di responsabilità del genere ipotizzato deve fondarsi sulla relativa dimostrazione della sussistenza della colpa della banca in ordine alla quale troverà applicazione l’art.2049 c.c. nel regolare il titolo di responsabilità per fatto degli ausiliari. Ed inoltre, trattandosi di illecito aquiliano, la responsabilità non potrà essere affermata fin  quando  non si dimostri l'erroneità del benefondi informativo nel duplice senso riferito, da una parte, all’errata comunicazione circa l’esistenza di fondi poi rivelatasi insussistenti o comunque insufficienti nel qual caso la banca trattaria sarà responsabile per i danni sofferti dalla banca che ha negoziato il titolo; dall’altra, all’ipotesi opposta della errata comunicazione della mancanza di fondi in realtà sussistenti nel qual caso la banca sarà responsabile per il mancato pagamento dell'assegno[35].

Si è detto che tra principi della responsabilità aquiliana che trovano applicazione nell’ambito che ci interessa va menzionato anche l’art.2049 c.c. in tema di responsabilità dei padroni e dei committenti posto che la banca trattaria risponde dei danni causati alla azienda  di  credito  negoziatrice  da  una  erronea comunicazione  telefonica di benefondi  fornita da un proprio dipendente che abbia agito dolosamente[36].

Non vale ad escludere la responsabilità della banca trattaria il rilievo che la banca stessa con il benestare abbia erroneamente confermato la sussistenza di fondi, ma non anche i poteri di pagamento dell’assegno posto che in ogni caso la responsabilità discende da una falsa interpretazione dei principi che regolano i rapporti tra portatore dell'assegno e banca. Come si è detto, la banca interpellata può non dare informazioni, ma se le dà deve darle esatte creando altrimenti un affidamento nel terzo fonte di responsabilità per la banca stessa.

Ciò anche se, come è stato affermato in giurisprudenza,  in tema  di  emissione  di assegno a vuoto, è obbligo del traente quello di accertarsi  dell'esistenza della provvista, prima dell'emissione  di qualsiasi  assegno non valendo ad escludere tale obbligo il rilascio di <benefondi> essendo  quest'ultimo collegato  ad  un  accertamento  informale  della banca, attraverso  il  quale  viene  garantita esclusivamente  l'esistenza, presso  altra  banca  o  altra  sede  o filiale della medesima banca, della  provvista  corrispondente  ai  titoli  girati,  e non riguarda quindi  l'accertamento  relativo  alla  data  in cui il girante potrà disporre  della relativa provvista presso la propria banca, girataria del titolo[37].

Sulla causalità del danno derivato da informazioni errate fornite dalla banca trattaria la giurisprudenza ha affermato che la  comunicazione  di  un  benefondi  poi rivelatosi errato espone la banca  trattaria  all'obbligo del risarcimento del danno subito dalla banca  negoziatrice  che  abbia  cambiato  per  cassa al presentatore l'assegno  <benefondato>,  ponendosi  il  rilascio del benefondi come causa  adeguata  ed efficiente di tale danno: è da presumere infatti, secondo  ogni  verosimiglianza,  che  se l'indicazione sull'esistenza della  provvista  fosse  stata  negativa  o  anche  solo  dubitativa, l'anticipo non sarebbe stato effettuato[38].

Non sarà invece responsabile dell'affidamento ingenerato nel prenditore  con  un'informazione  difforme  dal  vero la  banca  trattaria  che  conferma  al  prenditore  di  un  assegno l'esistenza  di  una  provvista  nel  conto corrente intrattenuto con l'emittente  del  titolo,  ignorando che questi nel frattempo è stato dichiarato  fallito ed ha perso di conseguenza la disponibilità delle somme  depositate; ciò in  quanto la dichiarazione  di  fallimento per legge è opponibile a tutti e dunque anche  al  possessore  dell'assegno  che  con  l'ordinaria  diligenza avrebbe potuto evitare il danno[39]. Non v’è dubbio, afferma la stessa Corte che l'inefficacia   dell'ordine   di   pagamento   espresso  con  assegno bancario,   discendente   dalla   posteriorità  della  sua  emissione rispetto  alla  dichiarazione del fallimento dell'emittente, il che implica, in  caso  di  pagamento  dell'assegno  medesimo  da parte della banca trattaria  in  favore  del  prenditore, il carattere indebito di tale pagamento,  ed  altresì  la  legittimazione all'azione di ripetizione non  dell'emittente  ma  della  banca  medesima,  in  proprio (quindi all'infuori  delle disposizioni di cui all'art. 1271 c. c. in tema di eccezioni  opponibili  dal  delegato),  e  nei  limiti dell'effettiva entità  dell'esborso  subito  (nella  specie,  ridotto da transazione intervenuta  fra  la  banca  e  la curatela per una restituzione solo parziale  della provvista costituita dal fallito sul conto corrente)[40].

 

 

 

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[1] MONTECCHIARI, La responsabilità civile della banca per false informazioni da prospetto, in Vita Notarile, 1994, 946 ss.

[2] MONTECCHIARI, La responsabilità civile della banca per false informazioni da prospetto, in Vita Notarile, 1994, 946 ss.; FERRARINI, La responsabilità da prospetto, cit., p.35; MIRABILE, Responsabilità  aquiliana della banca per divulgazione di false o errate informazioni,  in Banca Borsa, 1990, I, 401. Sul tema generale della responsabilità della banca, GARRANI, La fiducia base psicologica del credito. Lineamenti teorici del modus operandi del banchiere, in Saggi e note di economia e tecnica bancaria, Milano 1964 p.164; MOLLE, La banca nell’ordinamento giuridico italiano, Milano, 1980, p.162-164; ALPA-BESSONE, La responsabilità civile della banca, in Rassegna Bigiavi, Vol.IV, p.83 ss.

[3] MIRABILE, op. cit., p.403.

[4] MONTECCHIARI, op. cit., p.947.

[5] MIRABILE, op. cit., p.403.

[6] ALPA, La responsabilità civile della banca, in Corr. Giur., 1987, p.1300.

[7] GERACI, Lineamenti della responsabilità della banca per errore o inesatte informazioni, in AA.VV., Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale delle banche, Milano, 1986, p.191.

[8] MONTECCHIARI, op. cit., pp.946-947, che nota come in realtà fra le numerose modalità dell’intermediazione finanziaria, svolta dalle banche quella attinente alla divulgazione di notizie ed informazioni nel particolare campo degli investimenti finanziari costituisce quella di maggiore rilievo.

[9] V. infra, par.6.

[10] Cfr. FERRARINI, op. cit., p.78; BALZARINI, La responsabilità da prospetto, in Resp. Civ. prev., 1991, 1221; BONSIGNORE, Prospetto informativo infedele e responsabilità della banca intermediaria, in Dir. banca., 1992, I, 94. CARNEVALI, In tema di responsabilità da prospetto delle banche, in Corr. Giur., 1989, 1003; ALPA, op. cit. p.130.

[11] MIRABILE, op. cit., p.404.

[12] MIRABILE, op. cit., il quale rileva come nella vecchia disciplina bancaria le banche per espressa previsione di legge non potevano concedere fidi senza che gli stessi richiedenti avessero fornito notizie sulle loro condizioni economico patrimoniali ex art.35, comma 2, lett. c), l.b.

[13] BALZARINI, op. cit., p.1223.

[14] MONTECCHIARI, op. cit., p.948.

[15] MIRABILE, op. cit., p.401.

[16] ALAGNA, Le informazioni sulla clientela tra dovere di riservatezza ed interesse alla conoscenza delle notizie economiche, in Funzione bancaria. Rischio e responsabilità della banca, Milano, 1981, p.301 ss.

[17] ALPA-BESSONE, La responsabilità civile della banca, cit., p.91.

[18] MAGANZA, La responsabilità civile della banca, in Responsabilità civile, a cura di Alpa-Bessone, Vol.IV, Torino, 1987, p.91 ss.

[19] Trib. Latina 28 aprile 1980, in Banca Borsa, 1985, II, 107.

[20] MIRABILE, op. cit., p.404.

[21] ALPA-BESSONE, La responsabilità civile della banca, cit. p.90.

[22] ROPPO, op. cit., p.897.

[23] ROPPO, op. cit. p.896.

[24] Cfr. MIRABILE, op. cit., p.404; GERACI, op. cit., p.190.

[25] ALPA-BESSONE, La responsabilità civile della banca, cit., p.89; in giurisprudenza, Trib. Latina 28 aprile 1980, in Banca Borsa, 1985, II, 107.

[26] Cass., 4 maggio 1982, n.2765, in Giur. It., 1983, I, 1, 876; App. Milano, 14 marzo 1983, in Banca Borsa, 1986, II, 627.

[27] Trib. Latina, 28 aprile 1980, cit.; in dottrina, ALPA-BESSONE, Atipicità dell’illecito, Giuffrè, Milano, 1995; RAO-TORRES, La responsabilità per falsa informazione nei rapporti tra banche, in Resp. Civ., 1980, 309.

[28] Trib. Milano, 7 febbraio 1985, in Foro Pad. , 1985, I, 416; in dottrina MARZONA, Banca  pubblica  e  responsabilità  civile, in  Banca Borsa, 1985, II, 107.

[29]  GALGANO, Civile e penale nella responsabilità del banchiere,  in Contr. impr., 1987, p.15.

[30] ALPA-BESSONE, Atipicità dell’illecito, Giuffrè, Milano, 1995

[31] GALGANO, op. cit., p.18.

[32] GALGANO, op. cit., p.15.

[33] App. Roma, 18 aprile 1984, in Foro It., 1985, I, 1783; in dottrina, NICCOLINI  G., A  proposito  di  benefondi  di  assegno bancario (in margine  ad  una  recente  sentenza), in Foro It. , 1985, I, 1783; CASAMASSIMA, Il benefondi o <benestare> telefonico nella prassi bancaria, in Risparmio, 1985, 383.

[34] Trib. Milano, 18 novembre 1985, in Banca Borsa, 1987, II, 240.

[35] Trib. Ascoli Piceno, 25 maggio 1985, in Foro It., 1986, I, 3162.

[36] App. Milano, 28 dicembre 1984, in Banca Borsa, 1986, II, 185.

[37] Cass. pen., 30 giugno 1989, in Riv. Pen. , 1990, 798.

[38] Trib. Milano, 12 maggio 1988m, in Banca Borsa, 1990, II, 544.

[39] Cass. civ., sez. I, 1 agosto 1992, n. 9167, in Giur. It., 1993, I, 1, 1268.

[40] Cass. civ. , sez. I, 1 agosto 1992, n. 9167. Cit.