LO SCIOPERO NEI SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI

 

A cura del Dott. Maurizio Aloise

 

(Lo scritto riproduce il contenuto di una dissertazione elaborata nel gennaio del 1999 e non è, pertanto, aggiornato. Si è attinto alle relazioni della Commissione di Garanzia)

 

Sommario:  Introduzione - L’apparato sanzionatorio e le finalità della legge 146/1990: prime considerazioni di ordine sistematico e generale: §1. Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali e la legge 146/1990 -§ 2. L’ambito di applicazione della legge;: il concetto di <<servizio pubblico essenziale>> - § 3. Diritti della persona costituzionalmente tutelati e servizi protetti. - § 4. La questione delle sanzioni contro lo sciopero prima della L 146/1990 - § 5. Le sanzioni nella legge 146/1990. Una breve tipologia. - Le sanzioni individuali: § 1. Le sanzioni a carico dei lavoratori e la determinazione degli obblighi previsti dalla legge. - § 2. La responsabilità disciplinare dei prestatori di lavoro: le infrazioni, le sanzioni ed il procedimento disciplinare - § 3. Le sanzioni a carico dei datori di lavoro: i destinatari della sanzione. - § 4. (segue) il comportamento sanzionato e gli obblighi insanzionabili. - § 5. La precettazione e le sanzioni per l’inosservanza dell’ordinanza precettiva. - Le sanzioni collettivo-sindacali - § 1. Considerazioni generali ed aspetti di diritto sostanziale. - § 2. Il comportamento sanzionato. - § 3. Le sanzioni: la sospensione dai benefici patrimoniali. - § 4. (segue) L’esclusione dalle trattative. - § 6. La disciplina procedimentale e la sentenza n.57/1995 della Corte Costituzionale. - Il ruolo della Commissione di Garanzia: § 1. La Commissione di Garanzia: cenni di odine generale. - § 2. Il ruolo della Commissione di Garanzia nell’applicazione delle sanzioni. - § 3. Le prospettive del nuovo Patto Sociale - Conclusioni - Bibliografia.

 

(estratto)

 

INTRODUZIONE

L’apparato sanzionatorio della legge 12 giugno 1990, n.146, recante <<norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati>>, costituisce il punto centrale dell’intera disciplina del diritto di sciopero adottato dal legislatore in attuazione, ancorché ad oltre quarant’anni di distanza, dell’art.40 Cost.. Nel proposito di <<contemperare l’esercizio del diritto allo sciopero con il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati>>, il legislatore ha approntato, infatti, une serie di regole a cui tanto i soggetti collettivi quanto quelli individuali, siano essi datori o prestatori di lavoro, devono uniformarsi allorché intendano proclamare o aderire ad un’azione di sciopero che interessi servizi pubblici ritenuti essenziali.

L’indagine sul sistema sanzionatorio introdotto con tale legge, tuttavia, non può che prendere avvio da alcune considerazioni di ordine generale sui principi che hanno ispirato il legislatore e sulla particolare tecnica normativa adottata.

Sotto il primo profilo, come si è detto, è facile rilevare che la legge si caratterizza per aver approntato un bilanciamento fra interessi contrapposti, tutti di rango costituzionale, in grado di consentire la realizzazione di un ragionevole contemperamento fra gli stessi.

Dal punto di vista strutturale sarà esaminata la validità della tecnica normativa adoperata, posto che la stessa si caratterizza per l’aver lasciato ampio spazio all’autonomia negoziale mediante la valorizzazione delle fonte secondarie (autoregolamentazione e contrattazione collettiva) a cui il legislatore demanda la normazione di dettaglio, preoccupandosi solo di individuare percorsi e procedure nel cui ambito l’autonomia negoziale va contenuta.

Sarà poi esaminata la qualificazione di servizio pubblico essenziale adottata ai fini dell’applicazione delle legge medesima, in quanto il legislatore non fa riferimento nè alla tradizionale configurazione dei servizi pubblici maturata nel diritto amministrativo, nè all’accezione di essenzialità accolta dalla giurisprudenza costituzionale in materia di sciopero. La nozione di servizio pubblico essenziale cui invece si è fatto ricorso, deve essere desunta dal disposto normativo della legge stessa che all’art.1 reca una definizione generale (comma 1) ed una definizione particolareggiata dei vari servizi, ancorché non tassativa (comma 2), con la conseguenza che, dalla sovrapposizione di entrambe le definizioni, scaturisce, quale minimo comun denominatore e nel contempo requisito imprescindibile ai fini della qualificazione del servizio agli effetti della legge, la necessità che il servizio, affinché possa essere considerato “pubblico” ed “essenziale”, sia diretto a garantire <<il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza ed
alla previdenza sociale, all’istruzione ed alla libertà di comunicazione>>.

Dall’indicazione dei servizi essenziali e delle fonti di produzione, seguendo l’impianto della legge, si passa, quindi, all’analisi della griglia sanzionatoria attraverso la quale il legislatore ha inteso garantire l’effettività della regolazione degli interessi in conflitto.

Sarà esaminato, dunque l’aspetto policentrico del sistema sanzionatorio per la rilevanza delle sanzioni a carico dei soggetti collettivi e dei datori di lavoro nonché di quelle per l’inosservanza dell’ordinanza di precettazione.

Verranno, pertanto, considerati gli aspetti procedimentali delle misure sanzionatorie a carico del singolo lavoratore (art. 4, comma 1) e delle associazioni sindacali (commi 2 e 3). Vedremo come, per quanto riguarda le sanzioni a carico dei lavoratori, queste costituiscano una risposta, sotto il profilo della titolarità individuale del diritto di sciopero, alla carenza delle misure preesistenti che proprio in detta
circostanza trovavano un ostacolo non indifferente, data l’inidoneità delle forme di autoregolamentazione ad incidere sul piano del rapporto individuale. Verrà affrontato il problema dei limiti di applicabilità delle norme dello Statuto di lavoratori con particolare riferimento alla valutazione del comportamento datoriale sotto il profilo della repressione della condotta antisindacale. Vedremo che non può ritenersi antisindacale il comportamento posto in essere dal datore di lavoro, il quale, in caso di sciopero ed in assenza di un accordo ex art. 2 comma 2 della legge suddetta, provveda unilateralmente a determinare le prestazioni indispensabili ed a "comandare" il personale necessario, in ciò conformandosi alla proposta della Commissione di Garanzia.

Una maggiore attenzione sarà riservata ai problemi sorti, nella prima fasi di applicazione della legge, in ordine alle sanzioni collettive la cui portata, tanto sotto il profilo soggettivo che oggettivo, è stata riformulata in seguito agli interventi della Corte Costituzionale ed agli effetti referendari.

Vedremo come l'attribuzione del potere sanzionatorio alle amministrazioni ed agli enti erogatori dei servizi pubblici abbia implicato il riconoscimento di una sua funzionalizzazione all'interesse pubblico che assume il connotato della obbligatorietà, in quanto strumentale alla sola salvaguardia dei diritti degli utenti. Non a caso la Corte costituzionale, nella sentenza 24 febbraio 1995 n.57, che ha sancito la necessità della preventiva valutazione della Commissione di Garanzia quale condizione autorizzatoria per l'esercizio del potere sanzionatorio nei confronti dei sindacati, ha affermato chiaramente che questo potere datoriale non è discrezionale, escludendone la riconducibilità agli interessi aziendali in quanto unicamente "strumentale alla salvaguardia delle finalità limitative dello sciopero", volute dalla legge per garantire i servizi minimi essenziali.

Un ulteriore limite che ha segnato l’operatività dell’apparato sanzionatorio della L 146/1990, come si vedrà, è scaturito dall’abrogazione referendaria dei commi 2 e 3
dell’art.26 della legge n.300 del 1970, a cui faceva riferimento l’art.4, comma 2, L 146/1990 nel prevedere la sospensione dei benefici patrimoniali consistenti nel diritto delle organizzazioni sindacali di riscuotere i contributi mediante trattenuta. Ma a riguardo vedremo come in realtà la portata degli effetti referendari non svuota affatto di contenuto la previsione sanzionatoria posto che da una parte il menzionato comma 2 dell’art.26 L 300/1970 non operava all’interno di tutte le imprese e dall’altra la vicenda referendaria ha inciso sulla normativa in questione eliminando la base legale di quel diritto e del correlativo obbligo di intermediazione per restituire la materia all’autonomia privata individuale o collettiva, con la conseguenza che, essendo oggetto della sanzione che colpisce i sindacati i benefici economici di cui all’art.26 dello Statuto dei lavoratori (quindi i contributi sindacali) a prescindere dalle modalità attraverso le quali i benefici vengono acquisiti, è il contratto collettivo a divenire presupposto dell’obbligo di versamento da parte del datore di lavoro all’INPS nell’ipotesi
di applicazione della sanzione collettiva ex art.4 comma 2 della legge 146, analogamente a quanto già rinviavano le norme regolamentari.

A conclusione del lavoro, l’attenzione sarà, infine, posta, su quello che può ritenersi l’architrave della legge 146, in ragione delle delicate funzioni che gli sono devolute e del fondamentale ruolo che anche prescindendo da tali funzioni essa è chiamata a svolgere. Si tratta della Commissione di Garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, istituita in base all'art. 12 della legge.

La Commissione ha, principalmente, il compito di valutare l'idoneità delle prestazioni indispensabili da garantire in caso di sciopero individuate dalle parti sociali, al fine di verificare il giusto contemperamento tra il diritto di sciopero e quello della persona costituzionalmente tutelato ma, sostanzialmente essa è chiamata a svolgere il ruolo di supplente all’incertezza normativa scaturente dalle “zone franche” della L 146/1990 al fine di evitare la conflittualità tra
le parti del rapporto di sciopero nonché tra le organizzazioni sindacali onde perseguire quello che è il fine ultimo della disciplina normativa, ossia la salvaguardia dei diritti degli utenti costituzionalmente garantiti. Vedremo, quindi, come la Commissione, a tutt’oggi beneficiaria di scarsa attenzione e scetticismo da parte delle istituzioni, abbia svolto un ruolo di sicuro rilievo nella configurazione concreta dell’apparato sanzionatorio della legge mediante le sue delibere di indirizzo e i dati trasmessi al Parlamento in sede di relazione sull’attività svolta. Verrà, dunque, presa in considerazione l’opportunità di procedere ad un rafforzamento delle misure previste allo scopo di assicurare una migliore tutela alle esigenze collettive coinvolte attribuendo alla Commissione il potere di irrogare direttamente la sanzione prevista.

 

L’apparato sanzionatorio e le finalità della legge 146/1990: prime considerazioni di ordine sistematico e generale:

§1. Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali e la legge 146/1990.

Il diritto di sciopero, costituzionalmente riconosciuto dall’art.40 Cost., come legittima componente della generale libertà della persona-lavoratore purché esercitato <<… nell’ambito delle leggi che lo regolano>>, acquista una valenza particolare nel settore sei servizi pubblici essenziali ove è incontestabile che l'esercizio di un diritto costituzionalmente garantito – quale è appunto il diritto di sciopero - può entrare in rotta di collisione con altri diritti anch'essi costituzionalmente garantiti: come il diritto alla vita ed alla salute, la libertà di circolazione, la libertà personale, il diritto all'istruzione, e così via.

I1 fatto che i diritti in potenziale conflitto siano tutti diritti di rango costituzionale ha reso necessario ricorrere a tecniche di bilanciamento in grado di consentire la realizzazione di un ragionevole contemperamento tra gli interessi in conflitto[1].

Di ciò si è dimostrato pienamente consapevole il legislatore del 1990, il quale ha individuato nel contemperamento tra i diritti suscettibili di collidere il principale obiettivo ed ha costruito su questo i procedimenti attuativi della disciplina da esso direttamente posta[2], conformemente ad una filosofia che affonda le proprie radici nella vigente Costituzione ed in più di un ventennio di elaborazione della Corte costituzionale[3].

Nel proposito di contemperare l’esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati, il legislatore ha per la prima volta approntato, infatti, una disciplina, ancorché complessa, che trae la sua origine da una elaborazione compiuta in sede sindacale attraverso un dibattito politico-culturale, svoltosi in un primo tempo tra un ristretto numero di studiosi e poi sfociato in un documento unitario presentato al Parlamento dalle tre maggiori confederazioni sindacali[4].

Ciò che caratterizza il disegno legislativo è innanzitutto il rinvio all’autonomia negoziale collettiva con la conseguenza che nella sua redazione il legislatore si è preoccupato, per lo più, di dettare percorsi e procedure nel cui ambito l’autonomia negoziale va contenuta anziché imporre regole direttamente incidenti sulle modalità del conflitto. Sotto questo aspetto la scarna disciplina materiale posta direttamente dal legislatore risulta, infatti, integrata da una fitta rete di regole di diversa provenienza, le quali si compongono ormai in un mosaico fondamentalmente unitario[5].

Si tratta di accordi, di vario livello, sulle prestazioni indispensabili (accordi nazionali, accordi locali od aziendali; accordi di comparto, accordi decentrati), di codici di autodisciplina sindacale, di proposte della Commissione, nei settori carenti di accordo, di principi enucleati dalla stessa Commissione, sia in sede di valutazione dei comportamenti che in sede consultiva.

Non è qui, ovviamente, possibile soffermarsi diffusamente sul contenuto delle regole che sono venute in tal modo ad esistenza ma senza dubbio la stratificazione di regole ha fatto si che alcuni problemi, di non facile soluzione, si sono presentati nelle aule di giustizia posto che il consenso delle parti è, per definizione, incoercibile. La scelta operata dal legislatore è stata, dunque, oltre modo coraggiosa in quanto un sistema regolativo fondato sul consenso (quale è, per l’appunto, quello progettato dalla L 146/1990), si presentava esposto al rischio dell'insuccesso. In difetto di accordi idonei, si sarebbe determinato il vuoto normativo, con conseguente sacrificio dei diritti costituzionali degli utenti dei servizi pubblici[6].

Ma, sembra, tuttavia, che la scelta legislativa non sia stata del tutto fuor di luogo ove si consideri, seppur col senno di poi, che nonostante l'innegabile difficoltà della via pattizia (e nonostante l'eccessivo ottimismo del termine semestrale fissato dal legislatore), oggi il quadro degli accordi nazionali valutati idonei dalla Commissione è estremamente esteso. In quasi tutti i settori, i limiti all'esercizio del diritto di sciopero possono ormai ricondursi ad atti realizzati anche con il consenso delle organizzazioni rappresentative dei lavoratori: un consenso, che è - di per sé - garanzia di tenuta delle regole per le quali è stato prestato.

A ciò è da aggiungere che, nei settori in cui gli accordi non sono stati raggiunti, non si è determinato il vuoto
regolativo temuto per la ragione che, muovendo dall'interpretazione logico-sistematica della legge, la Commissione ha sempre ritenuto che, in difetto di accordi idonei, le prestazioni indispensabili dovessero - sia pur provvisoriamente - ricavarsi dalle proposte da essa avanzate.

Tale indirizzo che ha ricevuto l'avallo della giurisprudenza prevalente[7] - ha scongiurato vuoti di disciplina e riceve oggi applicazione anche da parte di chi all'inizio lo aveva contestato. La giurisprudenza ha, infatti, più volte affermato che in assenza dell'accordo di cui all'art. 2 L146/1990, ai fini dell'individuazione delle c.d. prestazioni indispensabili, la proposta della Commissione di Garanzia, pur non essendo vincolante, costituisce, dato l'organo dal quale proviene, un punto di riferimento sicuramente autorevole, per cui, dovendosi escludere che la proposta medesima realizzi una compressione eccessiva (e perciò non giustificata) del diritto di sciopero, non possono ravvisarsi gli estremi della condotta antisindacale - per la quale, tra l'altro, mancherebbe l'elemento intenzionale - nel comportamento di un'azienda che abbia <<comandato>> alcuni dipendenti ad eseguire le prestazioni indispensabili[8].

(omissis)

Roma, 1999.

 

NOTE



[1] Cfr. AA.VV., Sciopero e servizi essenziali, commentario sistematico alla L 12 giugno 1990, n. 146, a cura di TREU T., Cedam, Padova, 1991, pag.7 ss; VALLEBONA, Le sanzioni, in Quaderni dir. Lav. Rel ind., 1992, 32; RUSSO, Lo sciopero nei servizi, Roma 1991, p.5 ss.; MONACO M.P., L’apparto sanzionatorio della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali e il potere della Commissione di Garanzia di valutazione del comportamento degli scioperanti, in Stud. iuris, 1996, 788; ROMAGNOLI U., Dall'etica al diritto (a proposito dei nuovi illeciti in materia di sciopero), in Lavoro e dir., 1993, 47.

[2] GHEZZI G., Prime riflessioni in margine alla legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali (L 12 giugno 1990, n. 146), in Riv. Giur. Lav. , 1990, I, 153; TREU T., Elementi per un bilancio della L n. 146/1990, in Riv. It. Dir. Lav. , 1992, I, 302; Romagnoli, op. cit., p.51.

[3] MIGLIETTA R., Il diritto di sciopero dei pubblici dipendenti, Nuova rass. legisl. dottr. giur., 1981, fasc. 20 (16 ottobre), pag. 1-76; Piccione N., Sulla regolamentazione dello sciopero, in Idea, 1982, fasc. 2 (febbraio), pag. 59-67; Romagnoli, op. cit., p.12.

[4] Cfr. VALLEBONA, op. cit., p.788; GHEZZI, op. cit., p.153.

[5] D’ATENA A., La legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali: profili sistematici, in Giust. Civ., 1994, II, p.173 ss.

[6] Cfr. D’ATENA, op. cit., p.175.

[7] Cfr. Pret. Torino, 3 marzo 1993, in Notiziario Giur. Lav., 1993, 328; Pret. Novara, 31 marzo 1993, in Notiziario Giur. Lav., 1993, 5; Pret. Sanremo-Ventimiglia, 23 marzo 1993, in Notiziario Giur. Lav., 1993, 328; Pret. Brindisi, 14 ottobre 1992, in Notiziario Giur. Lav., 1992, 462.

[8] Pret. Cremona, 19 maggio 1993, in Notiziario Giur. Lav., 1993, 328.

 

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