Clausola arbitrale ed improponibilità dell’azione risarcitoria nel contratto di assicurazione r.c. auto (nota a Cass., III Sez. Civ., 26 febbraio 1999, n.1680: Colombati-Oliva (Avv. Compagno) c/ Assitalia S.p.A. Avv. Raniero Valle).

a cura del Dott. Maurizio Aloise

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Sommario: 1. Il fatto ed i motivi di ricorso - 2. Il Commento: le argomentazioni della Corte e la clausola compromissoria nella giurisprudenza di legittimità. - 3. L’arbitrato e le clausole vessatorie.

 

 

1. Il fatto ed i motivi di ricorso. - Nel giudizio risarcitorio promosso contro il proprio assicuratore per l'indennizzo del furto del veicolo assicurato contro tale rischio, veniva sollevata eccezione di improponibilità della domanda per il mancato espletamento dell'arbitrato previsto nel contratto di assicurazione al fine di procedere alla liquidazione dell'indennizzo, in caso di mancato accordo delle parti del contratto. L'eccezione, sollevata dalla Soc. Assitalia S.p.A. veniva accolta dai giudici di merito, in entrambi i gradi del giudizio, i quali osservavano che la compagnia assicuratrice non era stata inadempiente avendo nominato il proprio perito per l’espletamento dell’arbitrato e che le parti attrici avrebbero dovuto provvedere analogamente anzichè adire il giudice ordinario.

Nei tre motivi di ricorso con i quali le parti attrici, soccombenti, hanno portato la questione all’esame della Cassazione si deduceva:

a)      Con il primo motivo, l’errata interpretazione della clausola contrattuale nella quale si demandava a due periti, nominati rispettivamente dall’assicurato e dell’assicuratore, ogni questione inerente alla liquidazione dell’indennizzo, in caso di disaccordo “sulla natura, cause, conseguenze ed entità del danno”. Assumevano, infatti, i ricorrenti che nel caso di specie, essendo mancata una previa offerta concreta della società assicuratrice, sarebbe mancato il requisito del “disaccordo” previsto dalla clausola la cui necessità sarebbe stata, pertanto, “erroneamente esclusa” dai giudici di merito.

b)        Con il secondo e terzo motivo, i ricorrenti lamentavano l’errata qualificazione della domanda (terzo motivo) avendo i giudici di merito qualificato la pretesa avanzata dalle ricorrenti come domanda di adempimento contrattuale anziché come domanda di risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale ex art.1218 c.c., rispetto alla quale non si sarebbe posto alcun problema di proponibilità. Sotto questo aspetto, deducevano le ricorrenti (nel secondo motivo) il comportamento della compagnia assicuratrice, dal quale far discendere la sua responsabilità, avrebbe dovuto desumersi dalla sua “illegale pretesa di ottenere dall’assicurato, prima di proporre qualsiasi offerta di indennizzo, un mandato irrevocabile a vendere”.

 

2. Il Commento: le argomentazioni della Corte e la clausola compromissoria nella giurisprudenza di legittimità. - Con la sentenza in epigrafe la Cassazione disattende tutti e tre i motivi di ricorso su esposti,  affermando che ben avevano fatto i giudici di merito a dichiarare improponibile la domanda in mancanza della prevista procedura arbitrale.

In buona sostanza, i giudici di legittimità osservano che l’operatività della clausola arbitrale, come dedotta nel caso di specie, non presuppone alcuna formalizzazione del disaccordo, né alcun previo tentativo di bonaria composizione della controversia, avendo le parti inteso rimettere al preventivo esperimento della perizia contrattuale ogni questione concernente, non solo l’entità del danno, ma anche la natura e le cause dello stesso. Ne deriva, proseguono i giudicanti, che in siffatta ipotesi non potrebbe, per definizione, ipotizzarsi una necessaria previa offerta di indennizzo da parte dell’assicuratore, allorchè quest’ultimo ritenga di non essere tenuto al pagamento. È chiaro, infatti, che da una parte, in tal caso, non potrebbe qualificarsi come fonte di responsabilità (da inadempimento contrattuale) il comportamento dell’assicuratore che, come nel caso di specie, provvede alla nomina del proprio perito, senza formulare una previa offerta di indennizzo; dall’altra, nemmeno potrebbe darsi alla clausola contrattuale qui considerata una differente interpretazione a seconda delle diverse ipotesi nelle quali essa è applicabile (cfr. nello stesso senso Cass. civ. , sez. lav., 25 marzo 1992, n. 3693). Del resto, osserva la Corte, la causa del mancato indennizzo deve ricondursi essenzialmente al mancato accordo sull’entità del danno che è sufficiente a rendere obbligatoria la procedura di perizia prevista dalla clausola contrattuale, procedura che, secondo la regolamentazione del rapporto assicurativo voluta dalle parti nell’esercizio della loro libera autonomia contrattuale, deve, vieppiù, ritenersi pregiudiziale rispetto al soddisfacimento dei diritti derivanti all’assicurato dal contratto di assicurazione. Ciò in quanto, seguendo l’orientamento interpretativo della giurisprudenza di legittimità, nella clausola inserita in una contratto di assicurazione che preveda una perizia contrattuale (con il deferimento ad un collegio di esperti degli accertamenti tecnici necessari a risolvere il contrasto sull’entità e sulle cause dell’indennizzo e con l’impegno di accettarne le conclusioni come dirette espressione della volontà dei contraenti) è insita la temporanea rinunzia alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto contrattuale, nel senso che prima e durante il corso della procedura contrattualmente prevista, le parti stesse non possono proporre davanti al giudice ordinario le azioni derivanti dal suddetto rapporto (nello stesso senso, cfr. Cass., 11 novembre 1994, n.9459; Cass., 5 aprile 1984, n.2195). La clausola compromissoria per arbitrato libero, infatti, comportando un mandato agli arbitri per l'espletamento di un'attività negoziale in sostituzione delle parti e non per l'esercizio di una funzione di natura giurisdizionale, determina l'improponibilità della domanda per rinuncia convenzionale all'azione, ancorchè l'ostacolo alla cognizione giudiziaria rappresentato da tale rinuncia non dia luogo a difetto nè di giurisdizione, nè di competenza (così Cass. civ., sez. II, 3 dicembre 1994, n. 10396). Ne deriva che, secondo la giurisprudenza dominante (cfr. Cass. nn.12225/95, 6757/93, 5601/84), non solo - qualora, in un giudizio introdotto davanti al giudice ordinario, quest’ultimo ravvisi la pattuizione di un arbitrato irrituale sostitutivo dell’autonomia negoziale delle parti – il giudice deve limitarsi a rilevare la mancanza delle condizioni per la proponibilità dell’azione giudiziaria sotto il profilo della carenza di interesse, con una pronuncia che è, pertanto, di merito (Cfr. ex multis: Cass. nn. 9357/96, 13023/95); ma, vieppiù, - come evidenziato dal Supremo Collegio nella sentenza in commento (conf. Cass. n. 1142/93) - la clausola compromissoria per arbitrato irrituale, concretandosi in un preventivo accordo per la soluzione negoziale, mediante l’intervento degli arbitri, delle controversie sorte o insorgende, in relazione ad un determinato rapporto giuridico, determina nel contempo la possibilità per ciascuna parte di paralizzare la domanda che sia stata eventualmente proposta dinanzi al giudice ordinario con una eccezione che costringa l’altra parte all’osservanza del vincolo negoziale. Ciò che esclude la rilevabilità d’ufficio nella sede merituale della clausola compromissoria (cfr. Cass. n. 3246/89), della quale ciascuna parte conserva la facoltà di non avvalersi, sia astenendosi dall’eccezione di improponibilità della domanda giudiziale eventualmente proposta dall’altra parte, sia ad essa rinunciando espressamente o implicitamente. Sul punto, però, può sorgere il dubbio che la proposizione di domanda dinanzi al giudice ordinario, nonostante la stipulazione della clausola compromissoria, manifesti inequivocabilmente la volontà di rinunciare alla facoltà di avvalersi della predetta clausola quale mezzo, alternativo al giudizio ordinario, di risoluzione della controversia. A ciò potrebbe obiettarsi che alla medesima conclusione in termini di rinuncia implicita o, meglio, per facta concludientia, non può pervenirsi nel caso in cui la parte, ed è quanto si verifica nella specie, nel rivolgersi al giudice ordinario, tenda esclusivamente ad ottenere un provvedimento sottratto alla potestà decisoria degli arbitri (così anche la citata Cass. n. 1142/93 in motivazione). Appare, dunque, condivisibile il principio per cui nel compromesso per arbitrato libero (o nella relativa clausola compromissoria) vada ravvisata una rinuncia dei contraenti alla tutela giurisdizionale dei diritti relativi al rapporto controverso - estesa anche alle misure cautelari, poiché, essendo i provvedimenti emessi in via cautelare preordinati ad un giudizio di merito da svolgere dinanzi agli organi investiti di potere giurisdizionale e, quindi, presupponendo la possibilità di proposizione o la pendenza di un processo di merito relativo al diritto da tutelare, ove detto processo non sia proponibile per una libera scelta delle parti, non vi è spazio per l’emissione di provvedimenti diretti ad assicurare gli effetti del giudizio di merito, venendo meno l’indispensabile nesso di strumentalità, che si atteggia quale principio immanente al sistema dei rapporti tra le fasi cautelare e merituale (cfr. Cass. nn. 9367/96, 12225/95, 6757/93, 12589/92, 11650/91, 5314/82). Del resto, come si legge nella pronuncia in commento, sotto il profilo della cognizione ordinaria, la temporanea improponibilità della domanda giudiziale concerne tutte le azioni derivanti dal contratto di assicurazione e, quindi, sia la domanda di pagamento dell’indennizzo, sia quella di risarcimento del danno per inadempimento a detto obbligo di pagamento cosicchè non potrebbe nemmeno assumere rilievo la qualificazione della domanda al fine di superare la temporanea preclusione dell'azione giudiziaria derivante dal mancato espletamento della perizia contrattualmente prevista. Dal canto suo, la dottrina (Rappazzo, I contratti collegati, Milano, 1998; Lener, Profili del collegamento negoziale, Roma, 1998) tende ad inserire la fattispecie nell’ambito del collegamento negoziale assumendo che il collegamento volontario o funzionale vive in funzione della realizzazione del programma contrattuale concepito dalle parti come espressione dell’interesse globalmente perseguito dalle stesse, nell’ambito di un risultato economico unitario.

 

3. L’arbitrato e le clausole vessatorie.L’economia dello scritto non consente l’approfondimento di un altro punto cruciale dell’argomento in discorso relativo alla doverosa distinzione che deve operarsi tra la clausola arbitrale e la perizia contrattuale, in ordine alla quale, pur nella consapevolezza che l’argomento meriterebbe di essere trattato ex funditu, ci limiteremo a sottolineare che secondo la giurisprudenza (cfr. Cass. civ., sez. I, 1 aprile 1994, n. 3207) la clausola contenuta nelle condizioni generali di un contratto di assicurazione, con cui si prevede che la decisione sulla natura o conseguenza del danno sarà rimessa ad un collegio peritale, ha natura di arbitrato irrituale e non di perizia contrattuale, in quanto attribuisce al collegio non l'incarico di esprimere un apprezzamento tecnico, ma altresì il potere di risolvere le contestazioni mediante una composizione accertativa o transattiva, riconducibile alla volontà delle parti stesse (come accade nel caso di specie). Un altro (e forse ancora più importante e problematico) punto sul quale, in chiusura del presente commento, non può non richiamarsi l’attenzione riguarda la riconducibilità o meno della clausola in questione nel novero delle clausole vessatorie come contemplate nella recente disciplina di derivazione comunitaria. Senza alcuna pretesa di completezza, nell’economia del presente scritto, appare doveroso porre detta questione quanto meno in termini problematici onde offrire lo spunto per verificare la tradizionale impostazione data dalla giurisprudenza di legittimità sulla scorta dell’art.1341, comma 2, c.c., con le disposizioni della Direttiva CEE 93/13. La Cassazione, infatti, in applicazione della norma codicistica, ha costantemente affermato che la clausola di una polizza di assicurazione contro i danni da incendio e furto, con la quale le parti si impegnano a transigere obbligatoriamente ogni controversia, in caso di mancato accordo sul danno subito dall’assicurato o sull’indennizzo dovuto, mediante arbitrato irrituale o perizia contrattuale non rientra fra quelle che richiedono la specifica approvazione per iscritto (Cass. 78/5832). Ancora, recentemente la Cassazione ha ribadito che detta clausola, non importando, come si è visto, deroga alla competenza dell'autorità giudiziaria, ancorchè debba, per la sua validità essere redatta per iscritto solo se relativa a rapporti giuridici per i quali la forma scritta è richiesta ad substantiam, (mentre, se relativa ad altri rapporti, necessita soltanto di prova per iscritto, secondo le regole di cui all'art. 1967 c. c.), non rientra fra quelle da approvarsi specificamente per iscritto, a norma degli art. 1341 e 1342 c.c., a differenza di quella per arbitrato rituale (anche nel caso in cui la disciplina del procedimento arbitrale sia stabilita con rinvio ad un regolamento non contenuto nel contratto, ma approntato da terzi e da intendere recepito nel contratto stesso in forza di tale rinvio, con conseguente onere di entrambe le parti di informarsene e di acquisirne conoscenza, equivalendo siffatta recezione alla materiale trascrizione nel documento e ad essa estendendosi la sottoscrizione dei contraenti: cfr. Cass. civ. , sez. I, 5 settembre 1992, n. 10240). Ciò in quanto, l’improponibilità della domanda, quale effetto tipico riconducibile alla predetta clausola, non restringendo in alcun modo le facoltà contrattuali dell'assicurato, non integra un patto vessatorio, la cui validità richieda la specifica approvazione per iscritto a norma degli art. 1341 e 1342 c. c. (cfr. Trib. Roma, 26 maggio 1987). Una tale conclusione sembrerebbe potersi avallare anche alla luce della nuova disciplina delle clausole vessatorie ove si consideri che la clausola compromissoria è spesso inserita nel corpo di un contratto per la conclusione del quale sarà necessaria la manifestazione di volontà delle parti; tale manifestazione ricomprende, altresì, l’intento di adire la giustizia arbitrale in un’unica proiezione esterna. La validità della clausola compromissoria deve essere valutata tenendo presente che il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola medesima cosicchè gli estremi della vessatorietà, quanto al vaglio contenutistico, andranno verificati pur sempre in relazione alla disciplina generale del contratto. L'efficacia esimente che si riconosce alle trattative, in una con la precisazione che la vessatorietà non può concernere "la determinazione dell'oggetto del contratto", lascia trasparire un ossequio (alquanto formale, per la verità) all'autonomia privata ed all'intangibilità - come noto, nei limiti della laesio ultra dimidium - dell'assetto di interessi cui ha dato vita (Lener).

Roma, 25 giugno 1999.

 

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