Il caso: Diritto all'esercizio dell'azione di risarcimento del danno conseguente alla morte del minore a causa di sinistro stradale nel caso in cui i genitori abbiano rinunciato all'eredità in favore della sorella del de cuius. Le componenti del danno.
a
cura del Dott. Maurizio Aloise
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Il caso va affrontato alla stregua della scissione correntemente operata dalla giurisprudenza di legittimità, vituperata dalla dottrina ed attenuata dai giudici di merito, del concetto unitario di danno biologico in danno-evento (che riguarderebbe la sola lesione) e in danno-conseguenza (etichetta applicata alla perdita di utilità). Indubbiamente all'origine del dissenso concettuale va posta la vexata quaestio circa la patrimonialità del danno biologico.
Sulla base di tale dicotomia va ricostruita la vicenda in esame posto che deve distinguersi il danno sofferto dai prossimi congiunti della vittima il cui risarcimento spetta ad essi iure proprio, dal danno biologico subito dal de cuius il cui diritto la risarcimento entrato a far parte del patrimonio di quest'ultimo si trasmette iure hereditatis.
Circa il primo, ossia il danno al cui risarcimento i congiunti hanno diritto iure proprio, la S.C. ha sostenuto che <<Il risarcimento del danno compete, sia sotto il profilo patrimoniale che extrapatrimoniale, a tutti coloro che abbiano subito, sul piano economico e/o su quello morale, grave perturbamento dall'evento sia a cagione del trauma affettivo patito, con tutte le implicazioni derivatene, sia per la privazione di un sostegno morale, sia infine per la perdita di un'entrata che ragionevolmente si sarebbe potuta presumere come duraturo vantaggio economico proveniente dall'attività lavorativa del congiunto, a nulla rilevando il fatto della convivenza con la vittima o la stessa qualità di erede di colui che ha diritto al risarcimento, posto che il diritto spetta a chi di ragione iure proprio (Cass. civ., 1 agosto 1987, n. 6672). In un caso analogo a quello posto in esame la S.C. ha stabilito che <<I cosiddetti danni patrimoniali futuri risarcibili a favore dei genitori e dei fratelli di un minore deceduto a seguito di fatto illecito, vanno ravvisati nella perdita o nella diminuzione di quei contributi patrimoniali o di quelle utilità economiche che - sia in relazione a precetti normativi (art. 315, 433, 230 bis c. c.) che per la pratica di vita improntata a regole etico-sociali di solidarietà familiare e di costume - presumibilmente e secondo un criterio di normalità il soggetto venuto meno prematuramente avrebbe apportato, alla stregua di una valutazione che faccia ricorso anche alle presunzioni ed ai dati ricavabili dal notorio e dalla comune esperienza, con riguardo a tutte le circostanze del caso concreto>> (Cass. civ., 11 gennaio 1988, n. 23). Altrettanto pacificamente è stato riconosciuto il diritto la risarcimento iure proprio del danno morale subito dai congiunti, danno nella cui liquidazione << il giudice di merito deve tener conto delle effettive sofferenze patite dall'offeso, della gravità dell'illecito di rilievo penale e di tutti gli elementi della fattispecie concreta, in modo da rendere la somma liquidata adeguata al particolare caso concreto ed evitare che la stessa rappresenti un simulacro di risarcimento (Cass. civ., sez. III, 6 ottobre 1994, n. 8177).
Per questa categoria di danni deve concludersi indubbiamente che a nulla rileva l'intervenuta rinuncia all'eredità da parte dei genitori della vittima.
Diverso è il discorso per quanto riguarda il diritto al risarcimento di quei danni patiti dalla vittima nella cui titolarità gli eredi succedono successionis causa. In ordine ad essi può rilevarsi solo per inciso che la S.C. recentemente, dopo alcuni tentennamenti, ha stabilito la loro risarcibilità <<sempre che sussista un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni e la morte>> (Cass. Civ., Sez.III, 25 febbraio 1997, n.1704) idoneo a consentire l'ingresso di tale diritto nel patrimonio del de cuius; ciò sia per il danno biologico che per il danno morale patito dalla vittima <<trasmissibile mortis causa in quanto danno già entrato a far parte del patrimonio del defunto>>. Per tali danni, dunque, deve concludersi che qualora vi sia stata rinuncia all'eredità essa preclude l'azionabilità del diritto al risarcimento. Nella stessa sentenza si è altresì precisato che <<non sussiste duplicazione di risarcimento qualora gli eredi azionino iure successionis, nei limiti della propria quota, il diritto di credito sorto in capo al defunto per il risarcimento del danno morale dal predetto sofferto in vita, e richiedano altresì iure proprio, non già quali eredi, ma quali prossimi congiunti del soggetto deceduto, il risarcimento del danno morale da ciascuno di essi sofferto a causa del turbamento provocato dalla morte del proprio congiunto>>.
Tornando al danno risarcibile iure hereditatis
deve notarsi come la Corte ritenga indispensabile alla nascita del diritto il
decorso di una lasso di tempo tra la morte ed il fatto illecito escludendo la
risarcibiltà ogni qual volta la morte si sia verificata immediatamente al
fatto. A tale conclusione la Corte sembra essere giunta dopo diversi
tentennamenti. In precedenza infatti la S.C. aveva ritenuto che << Il
diritto al risarcimento del danno biologico, concretandosi questo nella lesione
del diritto alla salute, che è sempre presente quando vi è offesa
dell'integrità fisica della persona e costituisce, quindi, la voce primaria ed
immancabile del danno alla persona, entra a fare parte del patrimonio della
vittima nello stesso momento della lesione e, nel caso di decesso, in cui il
danno deve essere riferito al periodo intercorso tra la data dell'incidente e
quello della morte, si trasmette, quindi, agli eredi secondo le comuni regole
della successione "mortis causa">>.(Cass. civ., sez.
III, 27 dicembre 1994, n. 11169).
Di segno contrario poi è la giurisprudenza di
merito. Si richiama per tutte una sentenza del Tribunale di Napoli in cui si
afferma: <<In senso contrario all'inammissibilità del risarcimento del
danno biologico "iure hereditario" (Corte cost. sent. n. 372 del
1994) - giustificata con riferimento al limite strutturale della responsabilità
civile ex art. 2043 c.c., poichè in caso di lesione dell'integrità fisica
immediatamente letale non si può considerare acquisito nel patrimonio del
defunto un diritto al risarcimento trasmissibile agli eredi - è riconosciuto,
attraverso un'estensione dell'impianto teorico contenuto nella sentenza n. 184
del 1986 della Corte costituzionale, il diritto formatosi nel patrimonio del
defunto al risarcimento del danno al bene salute in seguito a lesioni mortali.
Ciò che si trasmette agli eredi non è il diritto alla salute, intrasmissibile
per la sua natura personalissima, bensì il diritto al risarcimento. E'
riconosciuto il c.d. danno biologico "iure proprio", inteso come
danno al bene primario della salute consistente nella compromissione
dell'integrità psichica del figlio minorenne in conseguenza della morte del
padre. Tale danno è risarcibile in via equitativa ed autonomamente rispetto al
danno morale subiettivo. E' riconosciuto il danno morale subiettivo patito
Roma, 23 settembre 1998.
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